Leucoteae, Clizia e Apollo: il triangolo amoroso da cui nacquero l’Incenso e il girasole - Aromapoetica

Leucoteae, Clizia e Apollo: il triangolo amoroso da cui nacquero l’Incenso e il girasole

Amore, gelosia e l'angoscia dell'abbandono – queste emozioni intensamente umane intrecciano il mito di Leucotoe. 

 

Era la più bella tra le belle, la più aggraziata, e l'oggetto del desiderio di colui che, con il suo carro dorato, solcava i cieli, diffondendo luce e vita su tutte le terre.

 

Apollo, il dio del Sole, ne era ossessionato.

Lui, assetato di possederla, assunse le sembianze della madre di Leucotoe e si introdusse nella sua dimora mentre la giovane stava filando insieme alle sue ancelle. Apollo, mascherato da madre, rivelò di portare un segreto da condividere.

 

"Svelte, svelte," ordinò alle ancelle, "uscite dalla stanza!" E così i due rimasero soli. 

 

Apollo, un dio fiducioso del suo fascino, non lesinò in presentazione: 

 

"Ille ego sum," disse, "qui longum metior annum, Omnia qui video, per quem videt omnia tellus, Mundi oculus. Mihi, crede, places."

 

**Traduzione per chi non ha fatto il Classico**

 

“Io sono colui che misura la lunghezza dell’anno
Colui che tutto vede, per il quale la terra tutto vede,
L’occhio del mondo. Tu mi piaci, credi a me.”

 

 

Con queste parole, Apollo rivelò il suo vero aspetto, risplendente e meraviglioso. 

E chi si sarebbe aspettato un rifiuto da un dio così figo, eh?

 

Leucotoe rimase muta, i suoi strumenti da filatura le caddero di mano, e finì tra le braccia di Apollo.

 

Un seduttore coi fiocchi, ai nostri giorni probabilmente verrebbe classificato, come minimo, “Narcisista maligno”.

 

Ma la ninfa Clizia, già caduta sotto l'incantesimo d'amore di Apollo, fu sopraffatta dalla gelosia. 

Una gelosia infuocata la spinse a cercare vendetta. Andò dal padre di Leucotoe e rivelò tutto. Leucotoe cercò disperatamente di giustificarsi, affermando che non aveva avuto scelta. Ma il padre, cieco d'ira, la gettò in una fossa e la seppellì sotto la sabbia.

 

Apollo intervenne per salvare la sua amata, usando i suoi raggi per scavare un buco nella terra, permettendo così al volto di Leucotoe di vedere la luce. 

Ma il destino era ineluttabile; le belle fattezze di Leucotoe rimasero congelate sotto la terra. Apollo poté solo donarle un profumo delicato e persistente, un aroma che si diffuse, mentre il corpo di Leucotoe si trasformava in radici, ed ella rinacque come albero di boswellia carterii che, dalla sua corteccia piange profumate lacrime dal nome di Incenso ed è diventato l’albero che simboleggia l’elevazione spirituale, il legame tra la vita e la morte.

 

Quanto a Clizia, Apollo non le perdonò il suo gesto, disdegnando per sempre la sua vista. 

Clizia si lasciò consumare dalla disperazione, si allontanò dalle altre ninfe, rifiutò il cibo e, per nove giorni, si nutrì solo delle sue lacrime e della rugiada. I suoi occhi, colmi d'amore e desiderio, seguivano sempre Apollo nei cieli, in ogni respiro della sua esistenza. 

 

Clizia continuò a guardarlo, mentre il suo corpo sulla terra assumeva nuove forme, diventando verde di foglie e trasformando il suo volto in un fiore, nei petali dorati di un girasole che, da allora, segue costantemente il suo amore nel cielo e cerca senza tregua il conforto dei suoi raggi.

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